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13 FEBBRAIO 1625 – 2025 APPARIZIONE DI SANTA ROSALIA AL SAPONARO VINCENZO BONELLI

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13 febbraio 2025: 400 anni dall’apparizione al cacciatore 

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C’era una volta una giovane donna, che decise di definire la propria identità e la sua libertà. Riflettendo su sé stessa, iniziò un percorso alla ricerca della verità e della bellezza, lasciando tutto ciò che ormai considerava superfluo. Raggiunse questo obiettivo, ascoltando la sua voce interiore, scoprendo che la vera felicità risiede nella continua ricerca della stessa. Il suo impegno verso quel fuoco che l’abitava e la sua determinazione a seguire la propria vocazione continuano, anche dopo tanti secoli, a ispirare e illuminare il cammino della città in cui è nata.

Il Giubileo rosaliano, conclusosi lo scorso settembre sul monte Pellegrino, prosegue con altri anniversari importanti, che determinarono il futuro e la storia della stessa città di Palermo.
La storia di Santa Rosalia, iniziata nel medioevo normanno e rifiorita durante l’epidemia del Seicento, dopo il ritrovamento delle sue reliquie sul monte Pellegrino, è il cuore stesso della devozione palermitana. Questo evento è un insieme di fatti che coinvolsero gli abitanti stessi della città; tra questi, Geronima La Gattuta, che l’anno prima dell’arrivo del vascello infetto ebbe un sogno riguardante la Santuzza, la quale le indicò il luogo dove trovare il suo corpo; Vincenzo Bonelli, che il 13 febbraio 1625 riferì di aver avuto una visione di una donna dal bell’aspetto.

Ma andiamo, intanto, per ordine cronologico.
Il 23 ottobre 1623, Geronima sogna Santa Rosalia; il 7 maggio 1624 approda il vascello infetto e, per circa un anno, i medici del regno registrano guarigioni degli appestati, dovute ad una certa acqua di Santa Rosolea. Il 26 maggio 1624 sul monte pellegrino iniziano gli scavi capitanati da Geronima; finalmente il15 luglio 1624 viene trovato il corpo con due croci, una ciotola e un contapreghiere, nella chiesa rupestre, detta di “Santa Rosolea”; alla notizia del ritrovamento, il 27 luglio 1624, il Senato di Palermo elegge Santa Rosalia come patrona della città. Le ossa trovate vennero custodite nella stanza del Cardinale Giannettino D’oria e rimasero lì fino al febbraio dell’anno successivo.

Torniamo a Vincenzo Bonelli, il saponaro della pannaria, noto come il “cacciatore”, che racconta al suo confessore la tragica morte della figlia e della giovane moglie. Disperato, non rivelò la malattia contagiosa della figlia al deputato, né al custode che controllava i malati ogni mattina. Seguendo le istruzioni di medici amici, la curò segretamente, ma alla fine ella morì. Dopo la morte, il suo corpo presentava segni evidenti del contagio. Nessun medico volle attestare la sua morte, per permetterle di essere sepolta in chiesa. Così, fu portata via con il carrozzone, come gli altri infetti. Il Saponaro, in veste di cacciatore, il 13 febbraio del 1625, decise di andare al monte Pellegrino con i suoi cani e schioppa (secondo le testimonianze andò a caccia con il proposito di togliersi la vita per il terribile dolore della morte della figlia e della moglie).
Arrivato sull’orlo del precipizio – riporto in parte la testimonianza che Vincenzo dettò poco prima di morire al sacerdote Pietro Lo Monaco – disse: «mi apparse una donna di maravigliosa belletia con un aspetto divino, vestita di sotto bianco et sopra di lanetta negra con tonaca al monacale, con li sandoli di corda alli pedi et per la sua extrema belletia non la potia mir(ari) tal che restai quasi stupito et attonito tremandome il core er arrizandome li capilli». Il Bonelli testimonia come si sentì toccare al petto e, distolto dall’intenzione del suicidio, quella misteriosa donna si presentò e si mise a parlare: «veni meco che ti voglio demostrare la mia grutta pellegrina dove per multi anni di mia vita habitai et dimorai». Mostrò, dunque, il luogo dove era stata sepolta confermandogli che «sonno li propria ossa del mio corpo che hoggi le tiene monsignor Cardinali Di Oria nella sua propria camera». Vincenzo Bonelli le domandò: «Vui, cu siti?» e la donna rispose: «Io sono Rosolea».
Quella donna rivelò che la peste nella città sarebbe terminata quando le sue ossa fossero state riconosciute. Di conseguenza, ordinò che l’evento fosse comunicato al Cardinale e, come segno di veridicità, predisse che, una volta confessato e ricevuta la comunione, sarebbe morto presto a causa della peste. Il 16 febbraio, Bonelli seguì le indicazioni della visione e, dopo essersi confessato con il sacerdote, morì il giorno successivo. Il cardinale riconvocò la commissione medico-anatomica per verificare se i reperti appartenessero a un solo corpo, se fossero di donna, di grandezza normale o superiore alla media, e se fossero comprovati i miracoli. Tra il 17 e il 19 febbraio, la commissione presieduta da Giuseppe Pizzuto stabilì che i resti analizzati appartenevano a più corpi umani di statura ordinaria. In particolare, furono identificati due frati, deceduti alcuni decenni prima e sepolti sul luogo di sepoltura tradizionalmente associato alla Santa, privi di segni di pietrificazione. Inoltre, altri resti incastonati nella concrezione calcarea, che risultavano appartenere a un unico individuo, furono identificati come quelli di una donna e, dunque, di Rosalia. Le ossa, particolarmente bianche, erano state rinvenute tutte entro uno spesso strato di detriti, fango e calcare e, per poterle trasportare dal monte alla città, furono in gran parte frantumate.
Sulla calotta cranica fu trovato l’avambraccio e la mano ancora attaccati al volto. Sotto le ossa della mano sinistra, furono rinvenuti monili sacri, tra cui due croci e un contapreghiere, i cui grani sono in parte ancora tra le costole della santa. Una parte di questi grani, insieme alla croce estratta allora, è visibile nella cappella della Santuzza in cattedrale.
Il Senato, allora, riconosciuta l’autenticità delle ossa da parte del Cardinale – il 22 febbraio del 1625 – fece realizzare un’urna in cristallo e legno per le reliquie di Rosalia. Il 9 giugno 1625, durante il Corpus Domini, si svolse la prima processione della Santuzza, che liberò miracolosamente la città dalla peste, come aveva predetto. Da quel momento, il legame tra la città e la sua Santa rimase saldo e indissolubile, analogamente alle ossa saldamente attaccate alla montagna, difficili da separare.

F. Sapienza